Precisa che:
– il tratto differenziale fra i “servizi ritenuti necessari” e le altre attività non consentite su una “spiaggia libera” non possa essere costituito dal loro contenuto o dal loro carattere commerciale, e debba essere riferito alle diverse specifiche modalità di fruizione del bene demaniale marittimo che impongono, sia per le spiagge libere che per quelle attrezzate, solo il divieto di pre-posizionamento delle attrezzature e di preclusione della libera fruizione degli arenili, e quindi non si pongono in contrasto con l’attività di noleggio di strutture usabili e posizionabili liberamente (ombrelloni, sedie e lettini ma anche canoe, pedalò e altri piccoli natanti) e con le attività di commercializzazione di alimenti e bevande, in quanto strettamente inerenti alla libera fruizione della spiaggia, mentre l’apertura di attività fisse occupanti una porzione di arenile sottratta alla libera fruizione nelle ore utili alle attività di balneazione, come un chiosco-bar, risulta suscettibile di precludere la libera fruizione degli arenili e richiede quindi un diverso titolo.
– in mancanza di un espresso divieto normativo non traspare alcuna ragione di diritto che consenta di vietare una attività su area pubblica di noleggio di oggetti d’uso personale (quali ombrelloni, sedie, lettini, piccoli natanti…) che i clienti possano autonomamente collocare, in via del tutto provvisoria, sull’arenile della spiaggia pubblica, in quanto i medesimi cittadini oggi possono tranquillamente sia collocare sull’arenile e utilizzare, sempre in via provvisoria, gli stessi oggetti avendone la proprietà o comunque il possesso, sia acquistare servizi e beni, alimentari e non, da commercianti itineranti (bibite e gelati, noccioline, costumi e asciugamani, aquiloni…) in mancanza di specifici divieti, essendo gli stessi oggi previsti solo per la zona A delle aree protette, e non per le spiagge pubbliche.
– l’interpretazione restrittiva delle proprie disposizioni proposta dalla Regione appellante, da un lato, non è supportata da alcuna specifica norma e, d’altro lato, neppure può fondarsi su una generale esigenza di tutela dell’ambiente o della pubblica fruizione delle spiagge libere in quanto potrebbe, al contrario, paradossalmente comportare un indebito e anticoncorrenziale favore per la rendita di posizione degli stabilimenti balneari e dei concessionari delle spiagge espressamente qualificate come attrezzate (che si differenziano da quelle libere, come detto, non necessariamente per le attività che possono esservi svolte, ma proprio per la presenza di una concessione, con il possibile svolgimento di attività economiche e commerciali in regime di esclusiva). nonché in un anacronistico favore per i fruitori della spiaggia pubblica che possono permettersi di acquistare e trasportare cibi e bevande e oggetti come ombrelloni, sedie, sdraio e piccoli natanti in danno di chi potrebbe più semplicemente acquistarli e noleggiarli sul posto, palesando un insanabile irragionevolezza rispetto alle finalità pubbliche statutariamente perseguite.