Afferma che:
il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria secondo la naturale destinazione di essa, per cui qualsiasi intervento diretto a limitare tale uso e godimento costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere non solo la tutela in forma specifica, mediante cessazione di tale turbativa e ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, ma anche il risarcimento dei danni. In tale contesto va inquadrato il risarcimento del danno richiesto a fronte dell’occupazione sine titulo o ancora per la mancata consegna del bene venduto o per la mancata restituzione del bene concesso in locazione o concesso in anticipato godimento nel caso di preliminare di vendita poi risolto. In questi casi si è affermato che il danno è in re ipsa, in quanto automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del bene in proprietà, senza necessità di una specifica attività probatoria, salva la concreta determinazione del danno stesso in sede di liquidazione, cui eventualmente procedere anche in via equitativa.
Il danno-conseguenza da occupazione illegittima, così come il danno – conseguenza da modifica illegittima del bene immobile altrui è “in re ipsa”, attesa la temporanea perdita delle utilità normalmente conseguibili dal proprietario nell’esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità esclusiva ed indisturbata del proprio bene (cfr, Cass. 20823/2015; 16670/2016; 20708/2019; 21239/2018). Si tratta di una presunzione “iuris tantum” che trova la sua ragion d’essere nella natura in sè del bene danneggiato, bene la cui fruizione ha secondo l’id quod plerumque accidit un valore economico con la conseguenza che la sua compromissione giustifica la presunzione di danno. Tale presunzione non è assoluta ma può essere superata attraverso la dimostrazione dell’inesistenza di quel valore economico per disinteresse del proprietario.