L’art. 7 della L. 212/2000 afferma che “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
A tal riguardo si segnalano due importanti sentenze, una di legittimità (Cass. 4176/2019) ed una recentissima di merito del giudice tributario (CTP Roma 3200/2020), le quali si esprimono sulle conseguenze della pretesa impositiva se i documenti richiamati a fondamento della stessa, nel processo verbale di constatazione non sono allegati né a quest’ultimo né al successivo avviso di accertamento.
In particolare, nel caso deciso dalla sezione tributaria della Cassazione, si trattava di un avviso di liquidazione di imposta di registro impugnato dall’erede del contribuente che era stato fatto oggetto dell’originario avviso di accertamento.
La CTR aveva affermato l’irrilevanza della omessa allegazione, produzione e notifica dell’atto prodromico, richiamato per relationem dall’avviso di accertamento impugnato,ritenendo sufficiente, ai fini della soddisfazione dell’obbligo motivazionale, che l’avviso di accertamento si fosse “concretizzato” a seguito di “segnalazione dell’Anagrafe Tributaria”, nonché sul presupposto della mancata produzione di “idonea documentazione fiscale” da parte dell’erede, a ciò invitato dalla P.A.
La S.C. tuttavia non concorda con tale assunto, affermando che se l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, risulta in ogni caso necessario che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione.
Peraltro, continua la sentenza menzionata, l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della 1. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario.
Alla luce di tali principi, la CTR, per applicare correttamente le norme citate, avrebbe dovuto verificare se l’accertamento dell’Ufficio del registro, richiamato nell’atto impugnato ma non allegato fosse comunque conosciuto dalla contribuente e, in particolare, se fosse stato notificato al de cuius, come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, ovvero se il suo contenuto essenziale risultasse riprodotto nell’atto impugnato.
Di qui l’annullamento della statuizione d’appello.
Nello stesso solco la sentenza del giudice tributario capitolino, il quale ha dichiarato l’illegittimità della pretesa impositiva poichè i documenti richiamati, a fondamento della stessa, nel processo verbale di constatazione, non erano allegati né a quest’ultimo né al successivo avviso di accertamento.