La Corte ritiene non fondate le questioni di legittimità costituzionale del codice antimafia nella parte in cui ricollegano al rilascio dell’informazione antimafia interdittiva, avente natura di atto natura amministrativo, gli stessi effetti che l’art. 67 del codice riconnette all’applicazione, con provvedimento di natura giurisdizionale e definitivo, di una misura di prevenzione personale; effetti consistenti nel divieto di ottenere tutti i provvedimenti indicati nell’art. 67, comma 1, del d.lgs. 159/2011 e nella decadenza di diritto da tutti quelli eventualmente già ottenuti [a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b)concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali per l’esercizio di attività imprenditoriali;c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.]
Afferma inoltre che il controllo giurisdizionale sulle valutazioni tecnico discrezionali demandate al prefetto in materia antimafia è pieno ed effettivo. Esso, quindi, non si limita ad una verifica “estrinseca”, ma comporta un esame degli elementi sostanziali raccolti dal prefetto con analisi di consistenza e coerenza. In tale ambito la giurisprudenza ha individuato un nucleo consistente di situazioni indiziarie costituenti un sistema di tassatività sostanziale. Tra queste: i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale; le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011; i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”; i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”; l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità. Qui il comunicato stampa della Corte. Qui il testo integrale della sentenza.
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